𝗥𝗶𝗺𝗲𝘁𝘁𝗲𝘁𝗲 𝗮 𝗽𝗼𝘀𝘁𝗼 𝗹𝗮 𝗰𝗮𝗻𝗱𝗲𝗹𝗮...

Sapete cos'è che non sopportiamo più e che ci mette addosso un continuo e latente senso di disagio? È la strumentalizzazione esasperata, io credo. 



Mentre una parte del mondo va dritta verso la sua meta, fatta di progressi tecnologici sempre più rapidi e pervasivi, e mentre una piccolissima fetta dell'umanità punta con quei progressi alla colonizzazione dello spazio e alla conquista di Marte, nuova terra tutta da costruire e da sfruttare (senza che nessun ambientalista venga a rompere i coglioni), la stragrande maggioranza delle persone non ha più altro scopo che quello di perseguire i propri piccoli e miseri interessi in ogni modo possibile.

Questo individualismo esasperato è la vera novità del terzo millennio. In passato anche i più egocentrici megalomani davano il meglio di sé (o il peggio, a seconda dei punti di vista) per lasciare traccia del proprio passaggio sul Pianeta. Ovviamente anche le loro erano bieche strumentalizzazioni, ma i frutti di quelle antiche megalomanie sono ancora qui e rappresentano un prezioso tesoro per l'umanità: edifici maestosi, opere d'arte, progetti ingegneristici futuribili... moltissimi di questi strumenti di potere e di accreditamento sociale sono ancora in mezzo a noi e ci consolano della nostra fugacità e fragilità, oltre che raccontare la nostra storia.

Oggi l'era dei mecenati e dei grandi geni è pressoché tramontata e ciò che ci resta, amplificato dalla competizione globale e dalla sovrappopolazione del Pianeta, è una strumentalizzazione sempre più fine a sé stessa: pervasiva, ingombrante, asfissiante. Le dinamiche della Rete e dei social media hanno progressivamente trasformato troppe competenze e talenti in meri strumenti di visibilità, portando alla ribalta dei media personaggi di ogni genere, pronti a battagliare tra loro per affermarsi (nel loro ambito e in assoluto) con la dialettica e con i meccanismi subdoli del consenso, in cui entrano in gioco personalità e aspetto fisico dei contendenti, oltre alla loro capacità di affabulare il pubblico, alla loro astuzia e, soprattutto, alla loro prontezza di spirito.

Su quei palcosceni(ci) si consuma ogni giorno un dibattito sterile, inquinato da un contraddittorio a sua volta strumentale e da abbondanti dosi di melassa politically correct, che si insinua anche in ambiti in cui quell'approccio è del tutto insostenibile, come ad esempio la scienza. 

La triste ribalta di virologi, epidemiologi, anestesisti e medici di ogni specializzazione che oggi mal sopportiamo sui media è la plastica manifestazione di questo fenomeno, con i pessimi effetti collaterali che facilmente possiamo constatare: nessuno ci sta più capendo niente e le poche verità scientifiche che questi professionisti portano sul palco affogano miserabilmente in uno tsunami di inesattezze, opinioni, errori (spesso banali, a volte marchiani), interpretazioni, giri di parole ed esempi azzardati o poco calzanti.

Quando poi tutto ciò avviene nel contesto di studi ricolmi di ospiti di ogni estrazione e sorta, pronti a dire la loro sulla qualunque pur non sapendo e non capendone assolutamente nulla, ma forti delle stesse armi per dare battaglia (dialettica, astuzia, personalità, avvenenza/charme), allora la frittata non è più soltanto nemica della dieta, ma diventa una polpetta avvelenata pronta a lasciare in terra feriti e vittime. The show must go on, ovviamente, ma questa vomitevole metafora spiega sin troppo bene il cul de sac claustrofobico in cui la Pandemia ci ha efficacemente ricordati di esserci (e non da ora) infilati.

#riflessioniamargine 

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