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Lockdown Italy: non è uno stop e non siamo nemmeno in folle

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Il termine lockdown è usato solitamente nel contesto carcerario, per definire uno stato di isolamento dei prigionieri in funzione della loro pericolosità o di misure punitive particolarmente ferree. Uno stato che in Italia, da anni, associamo al regime carcerario 41 bis, una misura introdotta nel 1975, inizialmente per far fronte alle rivolte all'interno delle prigioni, e poi estesa alla detenzione dei boss mafiosi nel periodo dei maxi processi. Questo regime, detto anche “carcere duro”, ha ben poco a che vedere con quanto stiamo affrontando ormai da un mese, in Italia e in molte altre nazioni in tutto il mondo. Posto che l'applicazione del lockdown varia, anche di molto, da un Paese all'altro e da una zona all'altra in funzione del livello di contagio del virus, qui da noi questa misura è quanto di più lontano si possa immaginare da uno stato detentivo. La quarantena del nostro Paese è infatti una condizione estremamente variabile e soggetta a molteplici derogh

Il coraggio di pensare non costa soldi

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Dobbiamo stare fermi e ragionare. Fermi, non paralizzati dal terrore e dallo sgomento. La paura, il dolore, l'ansia di questi giorni non possono impedirci di pensare, di esplorare, di sforzarci di capire. Prima di tutto noi stessi. Chi ora non sta più lavorando ha la percezione che questi siano giorni buttati via, improduttivi e sterili, ma non è così. Sono invece la prova inconfutabile che il tempo non è denaro e che i soldi non sono la risposta a tutte le domande. Servono, certo. Come oggi servono mascherine, guanti, disinfettanti, carta igienica e tante altre cose che infatti sono introvabili. Perché? Per quale motivo abbiamo riempito i nostri "granai" di oggetti che oggi, in questo momento terribile (ma niente affatto nuovo e imprevedibile) non ci servono a niente? Perché un virus maledetto sta facendo molti più danni di quanti non ne fecero la peste, il colera o le altre epidemie del passato, nonostante i progressi tecnologici e la migliore struttura e organi

Io inquino

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Io inquino. Non lo faccio apposta, non vorrei, eppure inquino. Ogni tanto me ne accorgo e allora mi sento un po' più consapevole e pronto a fare la mia parte, ma poi tutto torna come prima. Come sempre. Io inquino, sì. Lo faccio anche quando non me ne rendo conto e lo faccio con pochissimi sensi di colpa, perché la mia percezione è quella di essere un inquinatore per lo più passivo e l'impatto delle mie azioni quasi sempre mi sfugge. O comunque non saprei come limitarlo, a parte le piccole cose che più o meno tutti facciamo. Eppure inquino molto più di quanto io possa immaginare e lo faccio anche quando mi sposto a piedi, quando mi riposo sul divano e addirittura quando dormo. Inquino anche nei sogni... Certo, perché ogni cosa che faccio inquina. I miei vestiti, il modo in cui li lavo, il cibo che mangio e il modo in cui lo cucino. Inquino anche quando mangio cibi non cucinati, quando li compro senza imballaggio e quando ciò che compro è garantito a chilometro zero