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Vorremmo tutti morire di vecchiaia

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  Vorremmo tutti morire di vecchiaia, sereni, in buona salute, durante il sonno e senza accorgercene. A molti questa opportunità sarebbe anche offerta, ma c'è un piccolo dettaglio a rovinare l'idillio: vorremmo ovviamente che questo accadesse il più tardi possibile, cosa che stiamo addirittura ottenendo: in 50 anni l'aspettativa di vita è aumentata di oltre 10, dai 71,5 del 1970 agli 83,2 del 2017, ma non si tratta di un miracolo. Ad aiutare gran parte di chi si avvicina o supera quella soglia è la scienza e in particolare la farmacologia, che rallenta notevolmente il processo di invecchiamento dei nostri organi e del nostro corpo dandoci l'illusione di essere in ottima forma, anche se senza i nostri farmaci non andremmo troppo lontano. Questi, infatti, in molti casi non curano le nostre sopravvenute insufficienze, ma le compensano, consentendoci di non morire anzitempo. Ed è qui che casca un bell'asino: cosa significa morire anzitempo? Significa andarsene prima di

𝗥𝗶𝗺𝗲𝘁𝘁𝗲𝘁𝗲 𝗮 𝗽𝗼𝘀𝘁𝗼 𝗹𝗮 𝗰𝗮𝗻𝗱𝗲𝗹𝗮...

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Sapete cos'è che non sopportiamo più e che ci mette addosso un continuo e latente senso di disagio? È la strumentalizzazione esasperata, io credo.  Mentre una parte del mondo va dritta verso la sua meta, fatta di progressi tecnologici sempre più rapidi e pervasivi, e mentre una piccolissima fetta dell'umanità punta con quei progressi alla colonizzazione dello spazio e alla conquista di Marte, nuova terra tutta da costruire e da sfruttare (senza che nessun ambientalista venga a rompere i coglioni), la stragrande maggioranza delle persone non ha più altro scopo che quello di perseguire i propri piccoli e miseri interessi in ogni modo possibile. Questo individualismo esasperato è la vera novità del terzo millennio. In passato anche i più egocentrici megalomani davano il meglio di sé (o il peggio, a seconda dei punti di vista) per lasciare traccia del proprio passaggio sul Pianeta. Ovviamente anche le loro erano bieche strumentalizzazioni, ma i frutti di quelle antiche megalomanie

Linguaggio di genere: una battaglia da vincere, senza fretta e con meno vittime possibile

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Alert: mansplaining! Quelle che seguono sono le opinioni, personali e ovviamente non vicolanti, di un uomo di (abbondante) mezza età, felicemente sposato, senza figli, bianco, moderatamente agiato 1 e profondamente disgustato da molteplici aspetti del pluriennale dibattito sul linguaggio di genere e sulla declinazione al femminile di professioni, mestieri e titoli. Opinioni che non hanno alcuna pretesa e che non hanno l'obiettivo di offendere o di accusare nessun*, ma semplicemente l'ambizione di stimolare ulteriori riflessioni su un argomento complesso e troppo di tendenza, per non produrre molto rumore di fondo e strumentalizzazioni di ogni genere. Stavo portando avanti un lungo e improduttivo scambio al riguardo, sui social, quando è imperversata sul palco del Festival di Sanremo la roboante opinione di Beatrice Venezi, che ha sollevato un incredibile vespaio di polemiche e deluso molt*. Chiarisco immediatamente: sono perfettamente consapevole che, non soltanto dal punto